lunedì 31 ottobre 2011

Bressani Francesco Giuseppe, l' uomo chiamato cavallo

La storia del romano Bressani Francesco Giuseppe è incredibile. Nato a Roma il 06.05.1612, città nella quale frequenta gli istituti scolastici dell'Ordine di Gesuiti nei quali successivamente entra a far parte occupandosi di letteratura, filosofia e matematica. Nel 1642, dietro sua insistente pressione, insieme ad altri confratelli, parte per l’America per evangelizzare i territori del Canada precisamente la regione della Nouvelle France. In questa gelida regione, Francesco, trascorre due anni esplorando i territori di San Lorenzo durante i quali viene a contatto con le tribù di indiani Slave, Yellowknife, e Mountain. Per alcuni anni sino al 1644 vive nella regione del Quebec presso alcune tribù di Uroni dove apprende lingua, usi e costumi. Nell'aprile dello stesso anno nel corso di una imboscata da parte di una banda di guerrieri Irochesi, il gesuita italiano, è catturato insieme a un francese e ad un gruppo di Uroni. Nella circostanza gli Uroni facenti parte del gruppo sono immediatamente uccisi sul posto e privati dello scalpo mentre per Francesco inizia una tremenda esperienza. Infatti, insieme a una guida francese Bressani viene trasferito in uno sperduto accampamento lungo le rive dell'Hudson, dove inizia un periodo di prigionia durante il quale è sottoposto ad atroci supplizi e torture che lasciano evidenti segni sul suo già segnato corpo. Dopo una decina di giorni gli Irochesi si rendono conto dell'importanza e del prestigioso rango del loro prigioniero e quindi decidono di non ucciderlo. Lo trasferiscono in un accampamento più sicuro presumibilmente nella regione più a nord. Qui, gli Irochesi, pur di umiliare il gesuita riprendono a praticare indicibili torture e sevizie di ogni genere. Francesco, non può fare altro che rifugiarsi nelle preghiere. Ed infatti sono proprio le preghiere che gli permettono di sopportare e superare le dure giornate mentre nelle gelide notti stellate si distrae dedicandosi alla meticolosa osservazione delle fasi lunari. Intanto gli Irochesi non riescono ad ottenere dai francesi il giusto riscatto per la liberazione dell'italiano e quindi decidono di bruciarlo vivo. Ma Francesco, ancora una volta, è aiutato dalla sua Fede. Infatti, l'intervento di una donna indiana, alla quale era stato ucciso il padre qualche anno prima durante un attacco di guerrieri Uroni, evita al gesuita la tremenda esecuzione. La donna pretende che per i lavori pesanti, in cambio del padre morto, gli venga affidato il prigioniero. I capi dopo un breve consulto, decidono che la proposta della squaw è accettabile e quindi consegnano Francesco alla donna. La perfida donna utilizza Francesco come un animale da soma. Dall'alba al tramonto, con il gelo, con la pioggia o con la neve, Francesco, è impiegato nei lavori più umili e più pesanti in cambio di qualche boccone. Di notte è legato ad un palo e dorme fuori dalla tenda. In questo periodo, Francesco, scrive una lunga lettera al Padre Generale dell'Ordine datata 15 Giugno 1644 nella quale descrive le atroci sofferenze e torture al quale è sottoposto. Dopo alcuni mesi si ammala. La donna indiana, considerato che il povero Francesco non gli porta più alcun guadagno, si prodiga nel curargli alla men peggio le ferite nella speranza di poterlo vendere bene. Purtroppo le piaghe delle mani causate dal gelo non sono curabili e la donna è costretta ad amputare alcune dita per evitare la gangrena. Questa breve parentesi di cure e attenzione da parte della donna dura solo per qualche settimana sino a quando i cacciatori olandesi di Fort Osage, impietositi dalla sorte di Francesco pagano il riscatto per liberarlo. I militari olandesi dell'avamposto presso Albany (oggi New York) ottenuta la liberazione di Francesco lo riconsegnano ai francesi i quali, dopo un periodo di cure, lo rimandano in Europa. Ma Francesco ha molta nostalgia del nuovo mondo. Il richiamo di quelle terre incontaminate, gli spazi infiniti, la natura forte e selvaggia sono così presenti nel suo animo che sei mesi dopo l'arrivo a Roma, nella la primavera 1645, ottiene l'autorizzazione ad imbarcarsi di nuovo per l' America. Francesco sente di non poter abbandonare i suoi amici Uroni con i quali ha combattuto per difendere il villaggio dagli attacchi degli Irochesi. Giunto in Nuova Francia e precisamente a Trois-Rivières fa appena in tempo a partecipare ad una conferenza di pace tra le tribù degli Uroni ed Irochesi. Nella circostanza incontra i suoi vecchi aguzzini Irochesi. Purtroppo però la guerra tra le due tribù non cessa. Costantemente perseguitati dagli Irochesi le missioni degli Uroni vivono nel terrore. La situazione è tale che nel 1648, padre Bressani, decide di chiedere aiuto al Governatore francese. Per questa ragione si mette alla testa di un convoglio 250 guerrieri Uroni, e giunge nel Quebec dove riesce ad ottenere dalle autorità una scorta di dodici miliari ed un ufficiale per soccorrere un accampamento urone. Una flottiglia di sessanta canoe con a bordo i 250 Uroni e i 12 francesi si dirigono nei territori interessati dalle incursioni degli Irochesi. Ma la spedizione non giunge in tempo per portare aiuto all'accampamento di Sant Joseph che viene distrutto dagli Irochesi i quali nella circostanza uccidono più di 700 Uroni oltre al padre gesuita Daniel. La potente Nazione Urone è ridotta a poche centinaia di fuggitivi che si nascondono nelle foreste dei grandi laghi. Si racconta che durante un altro furioso attacco di Irochesi contro un accampamento Urone, Bressani, si prodiga ad andare loro in soccorso. L'italiano, si aggrega ad un convoglio formato da settanta francesi e un gruppo combattente Urone in partenza per il villaggio attaccato. Durante il percorso il convoglio è oggetto di una imboscata da parte di indiani Irochesi e Francesco nello scontro è ferito da una freccia alla testa. Ancora una volta nonostante tutto l'italiano riesce a salvare la vita. Bressani, stanco e debilitato nel fisico e nel morale, abbandona le foreste intorno al fiume di San Lorenzo e si sposta sul confine canadese-americano dove raggiunge alcune tribù di Carrier con i quali vive per un breve periodo. L'esperienza di integrazione con i costumi e con gli usi indiani è così ben riuscita che il gesuita italiano durante la sua permanenza negli accampamenti dei nativi acquista così tanto rispetto ed ammirazione che i guerrieri ormai lo considerano uno di loro e lo chiamano “ Uomo Medicina Vestito di Nero” (Black Dressed Medicine Men) L'ultimo periodo della esperienza americana, Francesco Bressani, la trascorre negli accampamenti degli Uroni con i quali condivide le vicissitudini e le paure della continua guerra con i feroci Irochesi. Dopo questa ulteriore permanenza, il pioniere gesuita, è costretto, a causa dei problemi di salute derivanti dalle ferite e dalle privazioni a tornare, in Italia. Francesco Giuseppe muore a Firenze il 9 settembre del 1672. Durante la sua vita scrive diverse relazione di cui la più importante è ristampata nel 1852 a cura e spese del governo canadese a riprova dell'alta considerazione di cui gode la figura dell'avventuroso pioniere ed esploratore romano.



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